La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito (legge 1989).

Lo psicologo è un professionista che si occupa di salute e benessere a più livelli e in diversi ambiti. Spesso si pensa allo psicologo come a chi si occupa esclusivamente di salute mentale, che potrebbe essere anche corretto, ma dobbiamo accordarci su che cosa intendiamo per salute mentale.

Ad oggi il modello più riconosciuto nella cultura occidentale è quello che vede la salute come un sistema complesso, in cui diversi fattori interagiscono a livello bio-psico-sociale. E ultimamente anche spirituale. Lo psicologo si occupa della parte “psico” di questo sistema, ma in costante interazione con gli altri ambiti, anche se non sono di sua strettissima competenza.

La figura dello psicologo è da sempre accompagnata da una serie di miti, pregiudizi e false credenze. Sfatiamoli insieme!

  1.   Lo psicologo è per i matti: per sfatare questo mito partiamo dal presupposto che la salute mentale sia un continuum, che va da una forte disfunzionalità ad una piena funzionalità. La maggior parte delle persone oscilla nei vari periodi della propria vita nella parte centrale del continuum, sperimentando momenti di maggiore benessere o maggiore sofferenza. Ci sono effettivamente persone con una psicopatologia conclamata più o meno cronica e sì, lo psicologo è anche per loro, che per la maggior parte del tempo si collocano nella parte “disfunzionale del continuum” (tra l’altro in associazione di solito con lo psichiatra). Ma lo psicologo è soprattutto per la maggior parte delle persone che sperimentano una sofferenza esistenziale o dell’anima, come capita prima o poi a tutti nella vita. Cioè quando ci spostiamo verso la parte meno funzionale del continuum, senza per questo cadere nella psicopatologia. Quindi lo psicologo non è per i matti, ma per chi è in uno stato di sofferenza (per qualsiasi motivazione, non esistono motivi più o meno validi per rivolgersi allo psicologo) e decide di prendersene cura. Lo psicologo è per chi ha voglia di stare meglio.
  2. Lo psicologo è per i deboli (e io voglio farcela da solo): questo pregiudizio affonda le radici in una visione distorta dell’essere umano. Poggia sulla convinzione che sia necessario sempre essere forti, non chiedere mai aiuto ed essere sempre perfettamente performanti: un bel modello prestazionale, che ci spinge a ricercare sempre la perfezione e a mettere a tacere le emozioni “negative” che invece sono importantissime, perché sono il campanello d’allarme che qualcosa in noi non va. Farcela da soli in alcune circostanze della vita è non solo difficilissimo, ma anche molto pericoloso. Proviamo a ribaltare la prospettiva e pensare che a volte abbiamo bisogno di sostare sulle nostre fragilità e in quei casi stare da soli non è una buona idea. Siamo esseri sociali, abbiamo bisogno del supporto degli altri. Quando il dolore dell’esistenza diventa intollerabile, parlarne con un professionista può essere utile. E i risultati che si otterranno, perché dovrebbero essere meno validi di quelli ottenuti con i propri sforzi? Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di intelligenza. Significa rinunciare alla propria onnipotenza e accettare la possibilità di essere fragili.
  3.     Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente: assolutamente no. È come andare dal dottore e pensare che invece che un farmaco ci somministrerà un veleno. Gli psicologi devono rispettare un codice deontologico e sono professionisti della cura, non del crimine…Eh ma allora se non manipola, mi legge nella mente! In realtà gli psicologi accompagnano le persone a chiarirsi le idee su ciò che le fa stare male e a capire come poter stare meglio e lo fanno principalmente attraverso la parola, non certo attraverso astruse tecniche di lettura della mente.
  4.     Io sono fatto così (cambiare è impossibile): in realtà cambiamo continuamente sia nel corso della nostra vita (pensate alle idee, alle amicizie, alle cose che per voi erano importanti 10 anni fa, 20 anni fa, 40 anni fa: sono le stesse di adesso?), sia nello stesso momento in situazioni diverse e con persone diverse. Il cambiamento è la cifra dell’esistenza, restare fermi è impossibile. Inoltre se pensiamo di non poter cambiare, la domanda che dovremmo porci è: abbiamo realmente voglia di cambiare? Se la risposta è sì, lo psicologo ci può aiutare, se è no, potrà fare ben poco. Lo psicologo lavora con il suo paziente, non sul suo paziente. Questo è uno dei motivi per cui non si può costringere una persona a fare un percorso terapeutico.
  5.     Nessuno può capire il mio dolore: è vero, perché ogni esperienza che viviamo è assolutamente idiosincratica e personale. Ma quando sto male e non vedo via d’uscita, quando mi sento dentro il baratro, ho bisogno di qualcuno che salti nel baratro con me (così poi siamo lì in due) oppure ho bisogno di qualcuno che stia fuori dal baratro e si adoperi per darmi una mano ad uscire? Questa è la differenza tra contagio emotivo ed empatia. Lo psicologo non potrà mai aver vissuto tutte le esperienze dei suoi pazienti, è umanamente impossibile. Ma non è nemmeno utile che lo abbia fatto. È molto più utile che sia allenato a stare insieme ad una persona che soffre, non per soffrire insieme a lei, ma per sostenerla, proprio perchè non sta soffrendo allo stesso modo.
  6.     È impossibile risolvere i problemi concreti solo parlando: quello che si fa con lo psicologo non sono chiacchiere da bar. Si cerca piuttosto di cambiare prospettiva sui problemi, in modo da trovare da soli le risorse per affrontarli. Attraverso la parola si agevolano cambiamenti interiori, che predispongono le persone ad agire concretamente sulla loro vita. Il mito che non si possano risolvere problemi concreti parlando è errato poiché, attraverso il linguaggio, è possibile costruire una realtà diversa, ovvero cambiare il modo in cui attribuiamo significato a noi stessi, agli altri e al resto del mondo e di conseguenza modificare i nostri atteggiamenti e comportamenti. Il linguaggio costruisce la realtà e attraverso il linguaggio costruiamo dei significati.
  7.     La psicoterapia dura troppo: dipende da che cosa si intende per troppo. Le psicoterapie possono durare da qualche mese a parecchi anni, con cadenze anche diverse, da più volte la settimana a una volta al mese. Paziente e terapeuta si accordano non tanto sul numero di sedute, quanto sugli obiettivi e sul focus di lavoro, verificando periodicamente il raggiungimento degli obiettivi.
  8.     Lo psicologo costa troppo: il tariffario dei professionisti privati, per una terapia individuale da 50-60 minuti nella nostra zona varia tra i 50 e i 90 euro. Per le terapie di coppia e quelle familiari, il prezzo solitamente è più alto. Il paziente “vede” soltanto i 50-60 minuti in cui lo psicologo è con lui in seduta, ma è necessario considerare la formazione continua, il tempo di riflessione clinica e di preparazione dei piani terapeutici. Inoltre abbiamo ora il bonus psicologo e varie associazioni di professionisti che offrono percorsi a prezzi calmierati, oltre ovviamente al SSN, a cui si accede tramite prescrizione del proprio MMG e si paga soltanto il ticket (oppure nemmeno quello, se si ha una esenzione).
  9.     Perché rivolgersi ad uno psicologo quando posso parlare con un amico? Un amico (anche se è uno psicologo!) fornisce un tipo di supporto diverso. Un amico ci ascolta, ma non ha gli strumenti professionali ed il necessario distacco professionale che serve in alcune situazioni. Noi psicologi non possiamo prendere in carico persone a noi vicine, proprio perché rischieremmo di anteporre la relazione che abbiamo con la persona al nostro agire professionale. No, non siamo tutti un po’ psicologi!
  • Lo psicologo non è coinvolto in dinamiche affettive con il paziente: è obiettivo, è estraneo ed è possibile parlargli di tutto senza paura di mettere a rischio la relazione e/o dinamiche quotidiane
  • Lo psicologo è concentrato sul paziente, il paziente è concentrato su di sé: questo crea uno spazio utile all’esplorazione ed al cambiamento
  • Lo psicologo possiede competenze e strumenti utili a gestire quella situazione, cose di cui difficilmente un amico dispone.
  • Lo psicologo non è oggettivo, ormai si è capito che l’oggettività, quando abbiamo a che fare con il materiale umano, è impossibile. Anche in fisica quantistica, ormai, si è compreso che l’osservatore modifica irrimediabilmente l’oggetto osservato. È più corretto parlare di una consapevolezza della propria soggettività, che per il terapeuta diventa persino strumento di lavoro. Ecco perché con un terapeuta ci si trova e con un altro no!

10.   Ah, sei psicologo! Adesso ti racconto che cosa ho sognato, così me lo interpreti oppure adesso devo stare attento a quello che dico, altrimenti mi analizzi: no, quello è l’almanacco dei sogni, che non mi risulta abbia basi scientifiche. Inoltre lo psicologo è tale mentre sta lavorando e, come tutti i lavoratori, non ha né piacere, né interesse ad “analizzare” tutte le persone che incontra. Non ha poteri paranormali, è una persona come le altre, non capisce le persone alla prima occhiata. Anche perché se così fosse, i primi colloqui durerebbero 5 minuti! Non tutti gli psicologi lavorano sui sogni e inoltre i sogni acquisiscono significato all’interno della vita della persona, quindi, prima di lavorare con i sogni, bisogna conoscere molto bene una persona.